Venerdì scorso 29 marzo si è concluso con successo il convegno "La Comunità della salute pisana: l'agricoltura sociale a supporto delle reti di protezione locali".
Lo dicono i numeri più delle parole: 63 inserimenti socio-terapeutici e occupazionali in un decennio di persone inviate dal SerT piuttosto che dell'Uepe (Ufficio esecuzioni penali esterne), ma anche dai servizi di salute mentale e marginalità grave adulta, dieci dei quali trasformatisi in veri e propri posti di lavoro. A cui aggiungere i dieci disabili del progetto Por "Anch'io".
L'agricoltura può essere davvero una strada per produrre cibo generando inclusione sociale e lavorativa. Per uscire, però, dai limiti delle sperimentazioni occorrono incentivi, "anche sottoforma di agevolazioni fiscali per chi assume soggetti cosiddetti "deboli" in modo da compensare quella che, almeno inizialmente, è una capacità produttiva forzatamente più limitata del lavoratore corrispondendogli, comunque, un salario uguale a quello degli altri dipendenti".
E' nato un marchio di riconoscimento dei prodotti da agricoltura sociale del territorio pisano ed è importante che sia promosso e sostenuto in modo che i consumatori siano consapevoli di ciò che acquistano.
La Società della Salute della Zona Pisana e la Regione Toscana hanno espresso la volontà di favorire la commercializzazione e la vendita dei prodotti coltivati su queste terre con un importante valore aggiunto in termini di inclusione sociale.
Nel corso del convegno sono emersi frammenti di percorsi di vita come quello di Paolo, un ex detenuto. In carcere si è laureato in ingegneria, fuori ha scelto i campi e oggi è diventato imprenditore e, tornato in Calabria, ha messo in piedi la sua azienda agricola. Maurizio, invece, è arrivato in azienda inviato dal SerT perché alle prese con problemi di alcoolismo: uno stage e poi un tirocinio, infine il contratto di lavoro a tempo indeterminato.
- Leggi l'articolo di Pisa News "Orti Etici. Paolo & Maurizio, loro ce l'hanno fatta anche grazie all'agricoltura sociale" ►►