Camminado per le vie dei centri storici delle nostre città, passiamo davanti a portali di pietra finemente lavorata con rilievi, oppure dotati di colonne dai capitelli cesellati, su cui poggiano architravi artisticamente scolpiti.
I davanzali, le cornici alle finestre, le soglie alle porte, i gradini, le balaustre... tutto doveva essere di pietra: granito, marmo, arenaria.
L'effetto di armonia e bellezza, oltre ai materiali usati, dipendeva anche da come le pietre erano lavorate, dall’abilità di chi le scalpellava, lo scalpellino. Un mestiere antico che passa inosservato, ma già esistente all'epoca degli egizi i quali si avvalevano dell’opera di questi artigiani.
Oltre a costruire opere per l’edilizia, gli scalpellini creavano tutta una serie di manufatti per l’uso più svariato: dalla cucina, all’erboristeria, alle tintorie, agli oleifici. Mortai, pestelli, macine, vasche e vaschette, abbeveratoi per animali, canali di scolo, bacili di raccolta erano normalmente di pietra e di usuale necessità.
Gli attrezzi principali del lavoro erano la squadra per definire gli spigoli, tutt’una serie di scalpelli perfettamente affilati e di buon materiale acciaioso, mazze e mazzuoli che venivano di volta in volta usati, secondo la specificità del lavoro.
Tutt'oggi in Toscana esistono alcuni scalpellini che si sono tramandati il mestiere di generazione in generazione. Vi proponiamo le interviste realizzate agli scalpellini casentinesi a cura della Banca della Memoria del Casentino.