Cultura
Firenze
7 giugno 2024
13:31

“Non sono un maestro”, l’arte di insegnare dopo un passato da monello di San Frediano

In Palazzo Strozzi Sacrati, la presentazione dell'autobiografia di Cipriano Catellacci

“Non sono un maestro”, l’arte di insegnare dopo un passato da monello di San Frediano
Cipriano Catellacci

“Ma se mette una nota, sblocca un ricordo?”. Una domanda rivolta in classe da un’alunna rivela perché l’autobiografia di un apprezzatissimo insegnante si intitola “Non sono un maestro”.
Cipriano Catellacci la riporta durante la presentazione delle sue memorie pubblicate da Mauro Pagliai editore ospitata ieri pomeriggio in Palazzo Strozzi Sacrati.

La domanda fa intravedere qual è l’approccio che ha con i ragazzi e la propria visione della scuola, ma anche qual è stato il percorso di vita di questo monello di rione che ha combinato parecchi guai tra le strade di una San Frediano che non c’è più e poi si è ritrovato quasi per caso su una cattedra ed essere amato da generazioni di studenti.

Un percorso che le pagine di questo libro, profonde e divertenti, svelano proponendo attraverso un racconto magistrale una parabola in cui molti possono trovare ragioni di immedesimazione, come capita a chi arriva a fare un mestiere attraverso strade esistenziali poco lineari salvo poi scoprire che il lavoro che si fa è il più azzeccato per la propria indole.

Le pagine scorrono velocemente tra tanti aneddoti ed episodi e restituiscono il motivo per cui durante la presentazione nella sede della giunta toscana il consigliere speciale per lo sport del Presidente della Regione lo definisce “un maestro di vita”. Oppure perché Caterina Ceccuti, curatrice della prefazione e amica di famiglia, parla di Catellacci come un “maestro nato”, capace di fare la cosa più importante che un insegnante è chiamato a fare: “insegnare ai bambini a non smettere mai di amare imparare”.

Lasciamo alla lettura di questo libro, in grado di andare oltre la dimensione autobiografica, la scoperta delle numerose scorribande di cui questa piccola teppa si è resa protagonista prima di diventare anche un autorevole dirigente sportivo, che ha fondato assieme al padre la Firenze Pallanuoto conquistando importanti titoli, che dal Comune di Firenze ha pure ricevuto le Chiavi della città, e che si è pure specializzato nell’insegnamento per i bambini con disturbi per l’apprendimento. Una persona da cui prendere spunto e che ha dato tanto alla città di Firenze soprattutto nell’impegno per il diritto allo sport dei più piccoli, ha tenuto a sottolineare il presidente della Regione assente alla presentazione per impegni istituzionale ma che non ha voluto far mancare il suo saluto e il suo ringraziamento.

In questa occasione è sufficiente insistere sulla consapevolezza del proprio ruolo di un maestro che che preferisce non farsi chiamare così, ma ha ben chiaro che “portare in classe il proprio vissuto personale” è il grimaldello per aprire nei ragazzi le porte dell’apprendimento. Quello di Catellacci è un bell’esempio di educatore, di quelli che con i ragazzi possono “parlare di politica internazionale in attesa dei ritardatari”, ma soprattutto riescono a liberare le passioni dei più piccoli. Idee chiare tanto che in mente c’è già l’intenzione di scrivere un secondo libro, questa volta dedicato alla riforma della scuola primaria italiana, perché oggi, dice Catellacci, rischia di tenere imprigionati i più piccoli, senza la capacità di valorizzare le intelligenze diverse che ognuno porta con sè.